È la vigilia della Maturità e fra tensioni, ripassi e scaramanzie si avvicina il grande giorno, quello che non hanno dimenticato nemmeno otto illustri diplomati
Qualcuno dei 5.500 candidati la passerà insonne, altri in compagnia degli amici, pochi quelli spensierati, perché quella che sta per arrivare è per tutti la notte prima degli esami. “Fra lacrime e preghiere” cantava Antonello Venditti in un capolavoro pop che ha da poco compiuto 40 anni. Lui incontra Claudia proprio a poche ore dalla prova di Italiano. Un incontro così poetico da fargli sembrare suo padre Dante e suo fratello Ariosto. In ogni caso, quella che arriverà non sarà una notte qualunque per le migliaia di “maturandi”. Troppo breve per chi se la godrà in compagnia, troppo lunga per chi non riuscirà a chiudere occhio. E come l’hanno trascorsa alcuni dei messinesi più noti della città? Che ricordo hanno del loro primo vero esame? Per molti la matematica non è stato il loro mestiere, ma per tutti “quella notte è ancora nostra”.
Il provveditore Stello Vadalà in foto con l’amico Marcello Mento
«Ho sostenuto esami di Stato nel mese di luglio del 1975. Sì, ragazzi, allora gli esami di maturità iniziavano nei primissimi giorni di luglio e si protraevano sino a fine mese – il provveditore Stello Vadalà ricorda ogni particolare di quei giorni e si rivolge ai “suoi” studenti –. Le Commissioni erano composte da tutti professori esterni, solo uno interno, sorteggiati fra i docenti di tutta Italia. Ho frequentato una classe numerosa del liceo Archimede ed ancora oggi, ai miei compagni di allora resto molto legato ed orgogliosamente non perdiamo occasione di incontrarci per riunioni conviviali che ci rivedono con il medesimo entusiasmo e ci restituiscono la spontanea vivacità di noi ancora studenti e poi maturandi. Di quei giorni, ricordo e con nostalgia, giorni interi trascorsi sui libri a ripetere con l’attiva partecipazione di un carissimo compagno, le due materie che sarebbero state oggetto del colloquio. Non riuscivamo a staccarci dalla scrivania e l’ansia ci attanagliava fino a rompere il respiro. Unica interruzione consentita, anzi, attesissima, l’intervallo mattutino e pomeridiano dedicato alla granita coi biscotti che mamma non mancava di portarci direttamente in camera. Dopo una notte insonne, finalmente, il giorno dell’esame. Tutti insieme davanti al cancello, in attesa, cercavamo di immaginare il titolo dei temi. Appena seduto al mio banco, il panico, guardavo il mio professore, unico volto amico tra i tanti sconosciuti che si alternavano alla cattedra, cercavo con gli occhi il suo sguardo rassicurante. Il colloquio al quale tutti noi compagni abbiamo quotidianamente assistito, a sostegno della cinquina della giornata, ha concluso e per sempre il mio percorso scolastico. Ricordo ancora i complimenti della presidente ravennate e il buffetto sul viso del mio professore, ne riprovo l’emozione, il brivido. Infine, l’abbraccio dei compagni e una dissetante bottiglietta d’acqua datami non so da chi e poi le lacrime liberatorie e di soddisfazione che mi avrebbero consegnato al percorso universitario».
La prefetta Cosima Di Stani
C’era proprio la Sicilia nel destino della prefetta Cosima Di Stani. Per lei una maturità, come gli anni del liceo, quelli trascorsi allo Scientifico Battaglini di Taranto, che le hanno lasciato un bellissimo ricordo. «Quell’anno scelsi il tema di letteratura e in particolare l’argomento era il Verismo di Giovanni Verga. Inquadrai il periodo storico e poi sviluppai il personaggio di Rosso Malpelo perché mi piacque sia l’aspetto sociale che umano. Poi, da prefetto di Caltanissetta, scoprì che la miniera di zolfo in cui era ambientata la vita di Rosso Malpelo, era proprio in quel territorio. Qualche tensione in più per la prova di matematica che era impegnativa ma sono appassionata e me la sono cavata. Volevo fare l’insegnante di matematica, ma poi ho scelto gli studi giuridici. L’orale non mi spaventava perché sono sempre stata disinvolta nel parlare. Studiai con una mia compagna di classe, ma soprattutto ci davamo sostegno a vicenda. Ero serena, quella serenità che discende dall’aver studiato. Il voto? 54».
La rettrice Giovanna Spatari
È stata una vigilia di grande tensione quella della Rettrice Giovanna Spatari. In quelle settimane si incrociavano due difficoltà da superare. «Da una parte la sacralità dell’esame di Stato e dall’altra soprattutto il fatto di abbandonare la mia “comfort zone” visto che avevo vissuto il liceo con grande partecipazione coltivando le amicizie che poi sarebbero diventate quelle di tutta una vita. Anche il fatto che gli esami fossero parecchio lontani dalla fine della scuola ha aumentato la mia tensione che poi ha trovato il punto più alto proprio alla vigilia del tema di Italiano. Ho frequentato il liceo La Farina, ha avuto 56 e volevo fare il medico. Questo già lo sapevo. Ma avrei voluto, ho questo ricordo, proseguire ancora l’esperienza liceale. Sicuramente è stato lo strappo più importante della mia vita perché sapevo che si stava chiudendo un ciclo eccezionale».
Il questore Annino Gargano
Si è diplomato al liceo scientifico “Ercolano Marino” di Amalfi il questore di Messina Annino Gargano. Per lui il massimo dei voti in quell’estate del 1983. «Il ricordo più bello è stato sicuramente quello della notte prima degli esami orali. Mi ricordo che l’ho trascorsa con i miei compagni di classe ripassando tutti gli argomenti che pensavamo potessero esserci chiesti ma soprattutto condividendo tutte le preoccupazioni della vigilia sia pur in un clima di sana goliardia. Scelsi di presentare Italiano, Storia e Francese e l’argomento che più mi intrigò fu sicuramente la Seconda guerra mondiale. Ero bravo in matematica ma nonostante questo mi sono iscritto in Giurisprudenza e un anno dopo all’Accademia di polizia facendo proprio tutto un altro percorso rispetto a quello strettamente legato ai miei studi».
L’attore Ninni Bruschetta
E’ una “traccia” vivida e anche divertente e leggera quella di Ninni Bruschetta: l’”attore- filosofo”… con qualcosa da nascondere. «A scuola andavo molto bene, poi ho perso punti all’Università, che non mi piaceva. Il periodo in cui ho studiato Italiano e Storia è stato bellissimo, preparai anche una tesina sul decadentismo. Per il tema, ispirato da una frase di Calamandrei, ho dovuto usare tre fogli protocollo! La versione di greco, confesso, l’ho “confrontata”, e dico confrontata, con il mio compagno Sidoti che era un drago delle versioni. Adesso fa il Prefetto in Veneto. Dell’orale ho un ricordo magnifico. Il presidente della commissione appellò me e Maurizio Puglisi (altro noto personaggio dello spettacolo, ndc) come filosofi. Esagerato! La cosa drammatica era che avevo un succhiotto sul collo e ho tenuto la camicia chiusa sudando come un pazzo. Ma forse questo non avrei dovuto dirlo… Alla fine ho preso sessanta sessantesimi».
Il sindaco Federico Basile
Il sindaco si è diplomato all’Istituto Jaci nel 1995. «Direi che l’unico momento di ansia sia stato quello poco prima della prova orale. Ma non era paura. Solo la classica tensione prima di una prova importante. Non ero il cosiddetto “secchione” ma mi sono diplomato con 54. Mi sento ancora con almeno metà della mia classe e uno dei miei compagni è stato anche testimone delle mie nozze. In quelle settimane abbiamo studiato spesso insieme, ma la notte prima degli esami passò senza troppe emozioni o chissà quali rituali. Ricordo perfettamente che quando uscii dalle scuole superiori non avevo ancora idea di che cosa avrei fatto da grande ma sapevo già che avrei voluto subito cominciare a lavorare. E così fu».
Mons. Cesare Di Pietro
«E’ andato liscio come l’olio» disse a papà Francesco al termine dell’orale di latino e storia sostenuto fra l’altro, parlando dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Unità d’Italia ai suoi giorni. Era il 1982 quando mons. Cesare Di Pietro conseguiva, con il massimo dei voti, la maturità classica al liceo La Farina, la traccia scelta per il tema fu sulla pace, come seconda prova scritta quell’anno “uscì” greco. E’ colmo di tenerezza e gratitudine il ricordo dell’esame di maturità per quel diciottenne che, già allora, sentiva crescere dentro il germe della vocazione sacerdotale. «Il liceo è stata un’esperienza arricchente dal punto di vista umano, oltre che formativo», racconta il vescovo, passando in rassegna nomi e volti di compagni e docenti: Irene Cavallari di latino e greco, Giovanni Rappazzo di matematica, Lilia Nunnari di storia e filosofia, Maria Villari di chimica e biologia; e i compagni di classe Angela Ceraolo, Giovanni Pappalardo, Daniela Meli, Michele Colonna e Roberto Timpanelli, con cui divideva il banco. Erano gli anni del contrasto tra opposte ideologie e il giovane Cesare che militava tra le fila del Movimento studenti di Azione cattolica, amava leggere, approfondire, confrontarsi. Il padre sognava per suo figlio la carriera forense e così Cesare, in attesa di maturare nel 1991 la decisione di entrare in seminario, si iscrisse e si laureò in legge, sostenendo subito dopo anche l’esame per l’abilitazione all’insegnamento di diritto e economia. «Quegli studi, inizialmente scelti con diffidenza, si rivelarono proficui perché mi hanno permesso di allargare gli orizzonti culturali», ha detto mons. Di Pietro augurando ai maturandi 2024 di affrontare l’esame, e la scelta successiva del percorso accademico, con responsabilità e serenità.
Il presidente di Confindustria Pietro Franza
Il presidente di Confindustria Pietro Franza non l’ha proprio dimenticata quella Maturità al liceo classico Maurolico. «I miei ricordi sono molto forti, devo ammettere che ancora oggi ci penso. E’ un momento catartico della vita di ciascuno di noi perché ci costringe, forse per la prima volta, a misurarci con noi stessi , le nostre forze e la capacità di affrontare una prova importante dal punto di vista della gestione delle emozioni. Ero ovviamente molto stressato, ho studiato prevalentemente da solo ed ancora ricordo le “cartuccere” che abbiamo preparato con alcuni compagni , e che ovviamente sono state inutili! Un’occasione da vivere con grande intensità ma anche con grande consapevolezza che è solo un passaggio verso la propria nuova vera vita. E dico ai ragazzi che se anche andasse male, il futuro potrà essere scritto comunque con le nostre sole mani, non ci sono limiti al successo dal punto di vista umano, economico e sociale».